L'insostenibile pesantezza degli orrori metafisici

L'insostenibile pesantezza degli orrori metafisici
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lunedì 24 febbraio 2014

Addetti ufficio stampa. Mediare i media. Fine della realt@

Seguite questo ragionamento.
Se la fonte del giornale è l'ufficio stampa dell'azienda il giornalista non è minimante in contatto con la realtà, l'ufficio stampa stesso diventa la sua fonte. Semmai e nel migliore dei casi, il giornalista consapevole e dialettico ha a che fare con un'opinione o una interpretazione della realtà. Chi vi ricorda tutto questo? All'istante:"non esistono fatti ma solo interpretazioni", Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extramorale.
La fonte è già un'opinione, una prospettiva, un interesse.
Su tutti i media si assiste all'interesse di un particolare editore contro quello di una particolare azienda, tutte e due interessati a raggiungere il più grande pubblico possibile, tutti e due con lo stesso scopo vendere il più grande numero di prodotti possibile. La battaglia è aperta: vinca chi la spara più grossa.
Nessun contenuto (men che meno qualità). Il pubblico, non conoscendo le reali posizioni tra le parti sul supposto argomento, non può prendere una posizione razionale, il pubblico è meramente pubblico: assiste. Così il giornalista trova per un momento il suo interesse nell'interesse dell'azienda, mai quello dell'opinione pubblica, che, del resto, egli stesso crea.
E' la fine del realismo filosofico, culturale e sociale. Si parte, per partito preso, dall'assunto che avvicinarsi all'oggettivo è impossibile, nelle posizioni estreme l'oggettivo semplicemente non esiste, si evita la fatica e si prende per buona direttamente una interpretazione, cruda, ingenua, rozza.
A sua volta l'interpretazione viene rielaborata dalla comunicazione giornalistica in linea con l'interesse dell'editore e, infine, il pubblico di lettori ingenui crede di avere a che fare con una notizia, peggio con un fatto. Il fatto diventa "rare-fatto", se non inesistente, insussistente. Il mondo si è trasformato in carta.
Il fatto si informa(cit. Bene),ovvero il fatto viene formato dai professionisti del reale su carta. Si forma il fatto, non si trasmette nessun contenuto, lo si crea direttamente e lo si divulga. Ciò che conta è la divulgazione, il canale, il mezzo, il codice, non la cosa. Mai la cosa.
Derrida, con grande intuito, sosteneva che è sempre già avvenuto l'evento, che nessuno coglie mai l'origine di une evento, il fatto nudo e crudo, toccato con mano, vistocogliocchi (cit. D'Arrigo). L'evento che si aspetta come inedito, mai avvenuto, è sempre già avvenuto come evento. Si riedita, se no non esiste.
Ciò che viene per la prima volta è già da sempre lì. Nella ripetizione dell'essere-lì, nella mediazione mediatica l'evento non è mai per la prima volta, non è mai origine, è qualcosa che si ri-eventa, che si trova lì, che si inventa e si riedita. Dialettica e paradosso. Il nuovo nasce per la prima volta nella ri-produzione mediatica.
Siamo di fronte ad una vacua, inafferrabile, ontologia della mediazione.
Nel mezzo non c'è essere.

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